Liliana Spadaro
Liliana Spadaro Storica dell’arte e dottoranda, con specializzazione in arte contemporanea. Tra i suoi interessi principali ci sono le ultime tendenze dell’arte contemporanea, dal Pop Surrealism alla Street Art.

RÈA e il suo studio

RÈA e il suo studio

Pochi giorni fa abbiamo avuto il piacere di conoscere personalmente RÈA, artista romano, che ci ha ospitato nel suo studio al Pigneto. Avevamo conosciuto artisticamente Marco Rèa in occasione della scoperta casuale delle sue opere per le strade del Pigneto, e da lì ci eravamo lanciate nel suo mondo, fatto di colori sfumati ma anche di linee caotiche, come nel caso degli ultimi lavori. L’incontro nel suo studio è stato molto interessante per diversi motivi, il primo è indubbiamente il fatto di stare a contatto con l’autore, chi quelle opere le ha fatte e le conosce bene è anche l’unico che può farle conoscere non solo mostrandole ma anche raccontandone la genesi a parole, cosa non sempre possibile; il secondo motivo è vedere l’ambiente in cui l’opera prende vita. Lo studio è quasi nascosto, in un palazzo che al suo interno cela una corte che a sua volta è un micromondo. Varcata la soglia veniamo accolte dal tipico odore degli studi d’artista, un misto di componenti diverse, colori, carta e fumo. È bello perché rende bene l’idea del tempo necessario a dare vita a una immagine che poi verra resa su un supporto in pochi secondi. Lo studio è in condivisione, ma appare quasi del tutto colonizzato dalle sue opere che trovano spazio ammassate sui mobili ma anche appese sui muri in maniera un po’ causale, per necessità e anche per comodità; sui tavoli invece vediamo opere quasi finite e che stanno per prendere forma, alcune inedite e che aspettano di essere ritagliate. Dopo una prima fase di conoscenza, in cui scopriamo alcune esperienze comuni come le serate al Trenta Formiche e al Circolo degli artisti, il discorso verte subito sull’arte contemporanea, Marco ci racconta del suo lavoro, ci fa vedere alcuni esempi di opere di qualche tempo fa, quelle in cui partiva dalla foto di una modella, presa da immagini pubblicitarie, che veniva totalmente trasfigurata dall’intervento del colore spray; cambiano cosi le atmosfere, dal classico patinato si passa all’evanescente, la modella in questione smette di essere riconoscibile per diventare immagine dell’archetipo femminile immersa nell’ariosità del colore. Quasi tutto lo studio è però ora occupato dai lavori nuovi, fatti con la tecnica dello stencil. Qui il colore non è parte dell’immagine femminile, a volte fa da sfondo sempre in maniera leggera, i protagonisti in realtà sono il bianco del fondo e il nero delle linee. Linee ingarbugliate, che ci fanno pensare ad un’immagine che esce dal caos del pensiero che l’ha generata. Si percepisce una continuità concettuale tra i lavori basati sulle foto di moda e questi ultimi, la figura emerge nel primo caso dai colori, nel secondo dagli incroci di linee a prima vista senza senso. C’è in tutte e due le versioni un voler far uscire la donna ritratta da un caos primordiale, fino alla superficie, in cui appare riconoscibile nonostante la trasfigurazione. Per le opere create a partire dalla pubblicità abbiamo però un movimento inverso: dall’ultradefinizione all’evanescenza, la riconoscibilità iconica lascia il posto all’archetipo, alla donna in sé. Nei lavori più recenti il movimento di creazione prende invece la direzione quasi opposta, sembra che il fondo da cui viene alla luce la figura sia il pensiero stesso, brodo primordiale caotico ma ricco di creatività, da cui grazie al bianco e nero emergono donne forti, come quella creata per esempio per Lucha y Siesta che non abbassa mai lo sguardo da qualunque parte la si guardi, o dai tratti orientali corredata da una non-scrittura anch’essa simbolo dei caratteri orientali per noi illeggibili. È l’archetipo qui che viene raffigurato, l’essere femminile declinato sì nelle varie emozioni, ma intrinsecamente fedele a sé stesso. Ci racconta della sua carriera, delle esposizioni di cui è stato protagonista a Londra, a Tokyo, negli Stati Uniti e in Italia, solo per citare alcune delle location, e di come la sua vita artistica si sia incrociata con la moda facendoci vedere alcuni articoli che Vogue gli ha dedicato e raccontandoci della collaborazione con Nick Knight, il fotografo di Lady Gaga e David Bowie. La cosa interessante è che, per quanto riguarda i lavori con le foto di modelle, per esempio Kate Moss, il suo intervento non risulta disturbante, le macchie di colore che inondano le immagini di donne perfette non sono un atto dissacratorio, quanto invece un voler fare emergere l’essenza profonda del soggetto, è un po’ come dire che togliendo la patinatura il risultato sarà più reale, perché attinge all’interiorità piuttosto che all’apparenza. Come spesso succede in questo periodo, a maggior ragione in questi giorni, si è finiti a parlare della vita durante il lockdown. Questa condizione di reclusione forzata a volte funziona come un catalizzatore per chi lavora con la creatività, cosi è successo a Marco Réa, che si è trovato ad aver a disposizione per il suo lavoro soltanto carta, penne e Amuchina. Da qui è nata l’idea delle figure fatte di linee all’apparenza confuse, annodate, queste donne nascono dalla necessità di dare sfogo alla creatività in un periodo caratterizzato dalla chiusura, chiusura di tutto ciò che è all’esterno che spesso corrisponde a una chiusura interiore dell’Io. In alcuni casi fecondi, la costrizione dà vita a opere che hanno in sé una potenza espressiva deflagrante che non vede l’ora di essere condivisa. Così è stato, finita la quarantena Marco ha deciso di liberare non solo se stesso ma anche le sue donne, rendendole fruibili a tutti, tra le vie dei quartieri, in muri spesso nascosti, altre volte più evidenti. Il senso di liberazione che ne scaturisce è evidente anche a colpo d’occhio. In alcune versioni su carta le figure di donne sono “sporcate” da alcune gocce di Amuchina, ciò che ne risulta è una interruzione della linea netta per dare spazio invece a nuvole di inchiostro disciolto dal contatto con la soluzione acquosa. L’effetto è molto potente, nonostante si parli di opere su carta di piccole dimensioni. Alcune invece sono già incorniciate, la particolarità è che ad essere stato incorniciato a volte è lo stencil, nero su fondo di vetro trasparente, posto in contrasto con il colore del muro su cui verranno appese, queste hanno anche un altro effetto curioso, se gli si punta una luce davanti lo stencil proietta la sua ombra sul muro, come un gioco di ombre cinesi; altre volte è invece incorniciato il pezzo di cartellone pubblicitario che ospita l’opera, con un effetto materico molto accentuato in quanto la leggerezza delle linee contrasta con la solidità e la texture della carta un po’ spiegazzata. Usciamo poi dallo studio per fare un tour, insieme all’artista, delle opere presenti nel quartiere. Passiamo in Circonvallazione Casilina, angolo Via Braccio da Montone, dove in un muro seminascosto vediamo la prima delle donne, di dimensioni abbastanza grandi da essere visibile ma con effetto sorpresa; ci spostiamo poi verso la scuola Enrico Toti, dove invece c’è la più grande e la più impattante, una donna che ti scruta in mezzo alle persone che camminano o si siedono sul bordo del muretto limitrofo; arriviamo poi da Necci, nelle cui immediate vicinanze vediamo invece la più piccola, collocata in basso a livello dell’asfalto, le

dimensioni sono ridotte ma non l’effetto che ne consegue scoprendola; proseguiamo poi in Via Castruccio Castracane, dove incontriamo l’opera creata per Nero Gallery, questa in realtà è ad altezza occhi, ma risulta ugualmente un pò nascosta a causa delle macchine che parcheggiano lungo il muro; l’ultima purtroppo invece è stata rubata, uno degli intoppi che possono capitare a chi fa street art e che in fondo mette in conto. Marco ci spiega che nel suo lavoro parte dai muri che potenzialmente potrebbero ospitare un’opera: andando in giro giornalmente, se un muro cattura la sua attenzione per posizione o qualità materiche, ne prende direttamente le misure (e già, va in giro con un metro nella borsa), e successivamente pensa a ciò che potrebbe metterci sopra, per questo ogni sua opera è in realtà site specific, perché nasce direttamente con il supporto che poi la accoglie. Prediligendo muri o porte poco visibili o in luoghi strategici, o particolari per forma, dimensione e colore, regala una seconda vita al supporto, nobilizzandolo. Lo stencil è una tecnica che per chi fa street art risulta essere adatta, è veloce, la maggior parte del lavoro si fa in studio, disegnando o elaborando al computer e poi ritagliando la matrice che sarà applicata sulla parete prescelta. Essendo linee nere, il muro viene preparato con uno strato uniforme di colore nero su cui poi sarà applicato lo stencil che a sua volta sarà coperto dalla vernice bianca. Il risultato è netto, linee nere ben definite su uno sfondo bianco meno uniforme e quindi più arioso, caratteristica della vernice spray. Dell’opera su muro, verrà poi fatta una versione in studio. Il giro si conclude, la chiacchierata pure, non prima di averci anticipato alcuni lavori e inviti che però non saremo noi a svelarvi.

comments powered by Disqus